Dopo questi avvenimenti, Randazzo andò in declino, sia a causa di disastri naturali, come la colata lavica del 1536 che distrusse parte della città al di fuori delle mura, sia per il saccheggio avvenuto all'inizio del 1539 da parte di alcuni contingenti militari ribellatisi all'Imperatore per la mancata corresponsione del soldo pattuito, sia ancora per la "morte nera" che dal 1575 al 1580 si diffuse ed imperversò quartiere di Santa Maria, sia infine per le tasse pesanti e le razzie che ridussero la città letteralmente in miseria, tanto che nel 1647, come in tutto il resto della Sicilia, anche qui scoppiarono delle vere e proprie rivolte le quali però, ancora una volta, furono represse nel sangue. A Randazzo la rivolta ebbe luogo dal 16 luglio al 9 agosto. Il popolo, stanco di tante vessazioni, bruciò gli archivi dov'erano depositati i ruoli delle tasse (e non solo quelli), dando persino fuoco alla casa del sindaco il quale si salvò grazie ad uno stratagemma escogitato dai buoni frati Cappuccini. I Giurati invocarono prontamente aiuto contro i rivoltosi, ed i maggiori esponenti, Ciccio di Pino e Mastro Cesare, condannati alla forca, vennero giustiziati nei loro quartieri di residenza: il primo nella piazza di Santa Maria e il secondo in quella di San Martino. Tutto il restante periodo del governo spagnolo, ed il successivo borbonico, si esaurirono per Randazzo nella continua ed incessante richiesta alla città di ulteriori sacrifici economici senza nulla in cambio fuorché la sede del Tribunale del Commercio, istituito da Carlo III nel 1724, con giurisdizione su molti Comuni vicini, che peraltro ebbe vita breve. Non ultimo disastro furono i bombardamenti anglo-americani del luglio-agosto 1943, che danneggiarono ed in gran parte distrussero all'incirca il 76% delle abitazioni, per come accertato dall'Ufficio del Genio Civile di Catania nel 1947. Fu così che scomparvero molti ricordi della sua gloriosa storia e vennero ulteriormente immiserite le condizioni economiche della città. Un altro grave danno Randazzo lo ebbe dalla terribile colata lavica tra il 17 e il 19 marzo 1981 quando, preceduto da violente scosse di terremoto, l'Etna, il più grande vulcano attivo d'Europa, risvegliatosi improvvisamente, cominciò ad emettere un'enorme quantità di fuoco magmatico che stava per travolgere la città, dopo averne distrutto la parte più fertile del territorio. Proprio quando si temeva il peggio, il pericolo cessò. Questa, per sommi capi, la storia di una Città che in passato fu veramente grande, in ogni senso. Città che fu "centrale" sia per la sua posizione geografica all'interno della Sicilia, attraversata com'era dall'antica "Via dei Monti" che da Palermo, inoltrandosi verso l'interno dell'Isola, conduceva a Messina, passando appunto per Randazzo, sia per la sua importanza storica appena sopra descritta. Fu città demaniale, sede reale, luogo fortificato di notevole importanza strategica, ebbe i suoi Capitoli Civici, fu luogo fiorente di mercato e di scambi, luogo di vita amministrativa e giurisdizionale in quanto sede del Capitano di Giustizia del Valdemone, Città d'arte nel senso vero del termine, Città viva, dal cuore sempre pulsante, dove numerosi e valenti artisti hanno espresso e lasciato il meglio di sé che ancora oggi possiamo vedere e godere. |