Le zone dove sorge il comune di Saint Vincent sono state abitate da tempi immemori. Si hanno tracce di insediamenti dell'età del bronzo e del ferro. Mentre le località Valmignana e Cretamiana tradiscono nel nome discendenze latine: vallis magna e cresta magna. Il ponte di Saint Vincent, poi, era parte della Via delle Gallie che da Ivrea passava per i valichi alpini, mettendo in comunicazione mondo germanico e mediterraneo. In altre località si hanno, invece, tracce dei Salassi - l'antica popolazione gallo-celtica, probabilmente figlia degli Allobrogi e quindi proveniente dalla Svizzera, e che si spostò a sud sulla via del sale - piegati definitivamente dai romani solo nel primo secolo a.C., dopo numerose e sanguinose battaglie. Il Comune di Saint Vincent è nato accorpando diverse antiche località, alla sinistra orografica della Dora Baltea e quindi illuminate dal sole e definite popolarmente adret in contrapposizione ai più sfortunati borghi enevers, al di là del fiume, più freddi ed in ombra. Il toponimo è legato al nome della parrocchiale cittadina che dipendeva dall'Abbazia di Ainay (vicino Lione) e che fu dedicata a San Vincenzo di Saragozza dai benedettini che così intesero onorare la memoria di Germano, vescovo di Parigi e devoto del Santo spagnolo. Le prime tracce della Parrocchiale di Saint Vincent risalgono addirittura al X secolo, ma la struttura attuale è quella romanica del XII, con l'aggiunto di interventi posteriori. La facciata, purtroppo, fu rifatta nel 1890 per allungare la chiesa. Preziosi sono gli affreschi che adornano l'interno, con un primo ciclo quattrocentesco attribuito a Jacopo Jacquerio da Torino. In epoca medievale Saint Vincent fece parte della Signoria di Montjovet, prima sotto i Challant, poi direttamente sotto i Savoia. Saint Vincent è una rinomata stazione climatica idroterapica, ma non solo!, come testimonia il famoso casinò. E… chi mai potrebbe pensare che tutta questa fortuna turistica è legata alle mucche? Infatti, nel 1770, lo scopritore delle salubri acque della Fons Salutis, l'abate Jean-Baptiste Perret, si persuase di analizzare un rivolo d'acqua, che si sarebbe in seguito dimostrato ricco di virtù terapiche, in quanto incuriosito dal fatto che un gruppo di mandrie al pascolo andavano sempre e solo lì ad abbeverarsi! Il rapporto della città con l'acqua, fonte di vita, è prezioso e antico. I primi canali, i Ru, aperti per irrigare l'arida collina di Saint Vincent con le acque dei ghiacciai di altaquota, sono un'immane opera di ingegneria idraulica risalente al XIV secolo. Il territorio di Saint Vincent è dotato di ben settantacinque Rascards. Si tratta di una tipica abitazione valdostana rurale in legno, diffusasi qui nel 1600, quando a seguito dell'epidemia di peste che decimò la popolazione, il comune si popolò di Walser, provenienti dalla Valle d'Ayas, maestri di questa particolare architettura in legno. I Walser sono una popolazione germanica (imparentati con gli Allemanni) migrata in Valle d'Aosta nel lontano VIII secolo d.C. e provenienti dalla Svizzera, che tutt'oggi parlano un dialetto detto altissimo tedesco. Fra i rascards diffusi a Saint Vincent è possibile imbattersi sia in quelli di tipo grenier (per la conservazione dei beni deperibili) che in quelli recar (tipo granaio). Presso il borgo di Moron Gorris non perdetevi l'interessantissima Maison Communale del XVII secolo e la Chiesa di San Maurizio, del XI secolo. Il Grand Hotel Billia è uno splendido esempio di architettura liberty e di lussuoso albergo da belle epoque. Infatti, nei primi anni del novecento, il turismo non era un fenomeno di massa, ma un lusso riservato ai più facoltosi. Con il Billia, Saint Vincent si propose come tempio del turismo d'elites internazionale. Saint Vincent è stato un centro molto attivo durante la lotta di Liberazione e vittima di atroci rappresaglie nazifasciste. Occhio alla Cappella dei Partigiani, edificata a proprie spese dal Comandante della 17ma Brigata Matteotti, Edoardo Page, illustre concittadino. |