1. L'autonomia statutaria introdotta dalla legge n. 142 dell'8 giugno 1990 sull'ordinamento comunale e provinciale nasce dalla necessità di ottemperare a precise disposizioni dettate dalla Costituzione della Repubblica Italiana. 2. Queste disposizioni, contenute negli articoli 5 e 128 della Carta costituzionale, indicano, rispettivamente, il principio dell'autonomia locale e ribadiscono l'autonomia di Province e Comuni, nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni. 3. Un principio ripreso e ribadito anche dalla Carta Europea dell'autonomia locale, firmata a Strasburgo e rettificata dall'Italia con legge 30 dicembre 1989. 4. Superata l'idea di potere locale come connessione Stato alla periferia e consolidatosi quella di un potere che deriva direttamente dai cittadini, pur, ovviamente, collegato e coordinato con quello dello Stato, la potestà statutaria indica e qualifica la condizione istituzionale degli Enti territoriali in coerenza con il pluralismo e la democrazia. 5. Esprime questa potestà statutaria la capacità di ogni collettività a definire essa stessa, in autonomia di volontà e giudizio, il proprio governare assieme ad una sua propria specifica ed ideale forma di organizzazione per gestire l'attività di governo. 6. In base alla legge 8 giugno 1990 n. 142, i Comuni da "corpi morali", così questi Enti erano definiti dalla vecchia legge comunale e provinciale, assumono a pieno titolo la figura di enti esponenziali, cioè rappresentanti effettivi ed attivi delle rispettive comunità, delle quali curano gli interessi e ne promuovono lo sviluppo, e sono dotati di autonomia statutaria, normativa, organizzativa ed amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria, nell'ambito del presente Statuto, dei Regolamenti e delle Leggi di coordinamento della finanza pubblica. |